Al momento stai visualizzando Da Siracusa al tetto del mondo e ritorno: i venti anni di carriera di Valentino Gallo

Da Siracusa al tetto del mondo e ritorno: i venti anni di carriera di Valentino Gallo

  • Categoria dell'articolo:News
  • Tempo di lettura:6 minuti di lettura

Non solo Champions. Per l’Ortigia è anche tempo di celebrare le carriere di alcuni atleti che rappresentano la storia sportiva di questa città e di questo club. Dopo Christian Napolitano è il turno di Valentino Gallo, che ha festeggiato i venti anni di carriera. Che in realtà sono ventuno, se si considera il suo lontano esordio in Serie A2, l’anno prima di assaggiare l’acqua della massima serie, entrando e segnando contro il Pescara in terra d’Abruzzo. Da lì è iniziato tutto per questo giocatore di 35 anni che ha vissuto una carriera ricca di soddisfazioni, sia a livello di club (soprattutto a Posillipo) che di nazionale, con la quale, tra le altre cose, ha vinto un mondiale (Shangai 2011) e due medaglie olimpiche (un argento e un bronzo). L’anno scorso è tornato a casa, nella sua Siracusa dove tutto ha avuto inizio e dove Valentino ha fatto notare sin da piccolo le sue grandi qualità tecniche che lo hanno portato ad essere uno dei migliori mancini della pallanuoto. In questa intervista, il numero 8 dell’Ortigia, ripercorre la sua lunga e gloriosa carriera.

Valentino Gallo (foto Mfsport.net)

Vent’anni di carriera. Cosa pensi quando senti questo numero così importante?

Penso che il destino ha voluto che io raggiungessi questo traguardo nella squadra in cui ho iniziato, la squadra che mi ha portato a fare questo sport. Potevo essere in Germania o a Brescia e invece le scelte che ho fatto mi hanno riportato qui. Credo sia un segno del destino che io sia proprio qua a vivere questo momento. Sono contento anche di aver raggiunto questo traguardo con Christian, visto che siamo cresciuti insieme e abbiamo fatto parte di questo percorso insieme.

Cosa ricordi di quel tuo lontano esordio?

Il vero esordio in realtà è stato in A2 21 anni fa, con i Castelli Romani, segnando il mio primo gol ufficiale in carriera. In A1 invece ho esordito contro il Pescara, fuori casa, segnando anche lì il mio primo gol in A1. C’era in porta Tadic, che era uno dei portieri più forti del mondo. Me lo ricordo come se fosse ieri, ricordo di aver fatto un tiro, con l’uomo in più, appena mi è arrivata la palla. Senza pensarci due volte ho tirato, ed è venuto fuori un tiro anche brutto, ma ho fatto gol. Un momento di felicità unico, peccato solo che giocavamo a Pescara e non alla Cittadella. Segnare all’esordio contro uno dei portieri più forti al mondo mi ha dato fiducia, mi ha fatto capire che potevo fare la mia parte in questo sport.

Come si arriva in condizioni così ottimali alla tua età? Qual è il tuo segreto?

Fare una vita da sportivo, non lasciarsi mai andare e non mollare mai. Non pensare mai che, siccome uno è più grande, deve lavorare meno. Anzi, quello è proprio il momento in cui bisogna fare qualcosa in più; magari prima tralasciavi alcune cose, invece adesso non puoi farlo, perché se manca un tassello non hai più la freschezza atletica di quando avevi 20 anni. Oggi ti aggrappi ai particolari, i particolari fanno la differenza. A 20 anni non ci pensavi, perché eri pieno di energia, fresco e tranquillo. Oggi invece pensi di più alle cose, sia nello sport che nella vita. Da giovane vivi alla giornata e forse questo dà più forza rispetto a quando sei più adulto. Comunque lavorare tanto e sempre, sia in acqua che in palestra, ti permette di andare avanti al meglio.

Come ti senti rispetto ai giovani in squadra?

Rispetto agli altri senatori io sono più bambino, più giocherellone quindi mi rapporto in modo più giocoso ai giovani. Poi certo do i consigli, ci tengo alla loro crescita, so di essere un punto di riferimento per loro in questo momento e quindi cerco di tenere un comportamento che sia di buon esempio per loro e per la loro crescita. Ma fuori dall’acqua sono uno che scherza come se fossero miei coetanei.

Il ricordo più bello della tua carriera?

Forse ti sorprenderà, ma il più bello non è la finale mondiale vinta, che è il traguardo più prestigioso della mia carriera. Ma la vittoria dell’Euro Cup con il Posillipo, perché eravamo un gruppo stupendo di ragazzi cresciuti insieme. Dopo tanti anni che il Posillipo non vinceva non era facile. Dieci anni di magra a livello di vittorie pesa quando fai parte di un club così prestigioso, con una sala trofei piena di coppe e titoli, in particolare se sei il capitano di quella squadra, come ero io. Ecco perché quello è un ricordo bellissimo, per tutto l’insieme, perché eravamo un gruppo di amici e perché il Posillipo, insieme all’Ortigia, è la squadra che ho nel cuore.

E il più brutto?

Il più brutto è stato quando, tre anni fa, alla Sport Management, ho avuto il morbillo. Un periodo che ha spaccato a metà la mia vita e la mia carriera, cambiando tutto. Ho rischiato di morire in ospedale ed è il ricordo più brutto anche per la mia carriera, perché per un anno e mezzo sono stato immunodepresso e ogni tre giorni mi ammalavo e ho pensato che la mia carriera fosse finita. Pensavo fosse calato il sipario, nessuno mi voleva più, si parlava di giocatore finito. Poi alla fine, invece, con le unghie e con i denti sono riuscito a risalire. Da quella volta non sono stato più lo stesso, come atleta e come persona, però con l’aiuto della mia famiglia mi sono ripreso e sono tornato in parte quello che ero.

Quale giocatore ti ha impressionato di più nella tua carriera?

Direi sicuramente il giocatore più talentuoso con il quale ho giocato è Slokovic. Non ho mai visto un giocatore così devastante, era incredibile anche vedere come si allenava, non faceva palestra, era una cosa molto particolare. Lui è il talento più grande con cui ho giocato, il centroboa più forte di tutti i tempi. Al pari di Slokovic, metto Tempesti, che è stato il giocatore più forte, decisivo e pesante a livello di presenza nella storia della pallanuoto.

Chi è il difensore più difficile che tu abbia mai affrontato?

Ce ne sono tanti, ma quelli più difficili sono sicuramente Denes Varga e Andrija Prlainovic. Giocare contro di loro è stato duro. Dovevo farmi il segno della croce ogni volta, perché erano veramente fortissimi.