Paolo Caldarella, un grande campione da ricordare
L'atleta
Quando mamma Fulvia portò per la prima volta alla Cittadella dello Sport di Siracusa quel ragazzino gracilino, e lo consegnò alle cure affettuose di Romolo Parodi né l’una né l’altro si aspettavano che ne sarebbe venuto fuori un grande atleta.
Il piccolo Paolo era esile, fragile ed impacciato. Non spiccava certo nel nuoto, a differenza di tanti coetanei, come Sandro Campagna, né aveva grande personalità. Molto timido, si lasciava guidare con remissione dai compagni, non sempre meritevoli della sua incondizionata bontà.
Un giorno, come nelle migliori favole, il piccolo Paolo ebbe un febbrone da cavallo. Ripresosi si accorse di essere cresciuto in modo impressionante. Insieme al suo fisico cominciarono a crescere le sue doti atletiche, la considerazione del tecnico, il rispetto dei compagni.
Paolo, nel giro di pochi mesi, si ritrovò da comprimario delle squadre giovanili a titolare nella formazione dell’Ortigia, neopromossa in serie A. Era il 1980 e Paolo aveva appena sedici anni.
Sotto la guida dei tecnici, che ne intuirono il potenziale, e di grandi campioni, quali Marcello Del Duca e Gabor Csapo, Paolo intuì di avere le qualità per emergere. Furono proprio i compagni di squadra, da Sandro Campagna a Sebastiano Di Caro a Maurizio Mancuso, ad incoraggiarlo, cercando di infondergli quelle caratteristiche da leader per lui innate, ma così estranee al carattere docile di Paolo. Ed è merito di Sandro Campagna se, nei momenti di sconforto dopo le prime deludenti convocazioni in azzurro, l’emergente Paolo Caldarella non si è dato per vinto. Ricordiamo il suo grande rammarico, quando rimase l’unico giocatore escluso dalla memorabile finale dei campionati del mondo di Madrid ’86. Ancora non sapeva che la sua tenacia gli avrebbe regalato migliori, insostituibili soddisfazioni. Su tutte indubbiamente la conquista del titolo Olimpico del 1992.
L’ultimo titolo conquistato ha una storia particolare, che lascia capire la sua forza e la sua moralità.
Dopo aver partecipato alla preparazione dei Campionati Europei del 1993, infatti, rinunzia alla convocazione per l’aggravarsi della malattia di papà Corrado, ma le sue capacità, sia tecniche che morali, erano tali da indurre un tecnico come Ratko Rudic a lasciare il suo nome nella lista dei convocati dicendogli che poteva arrivare anche solo un’ora prima dell’ultima partita. Paolo, spinto da tutti i suoi amici, continuò ad allenarsi e partecipò alla semifinale ed alla finale, conquistando il titolo europeo, con grande gioia del tecnico e di tutti i suoi compagni, con in testa Sandro Campagna.
Fu l’ultimo titolo conquistato da Paolo, ma forse il più sentito l’ultimo prima di quel 27 settembre 1993 che ce lo ha strappato via in un incidente stradale causato da una manovra azzardata di un automobilista.
L'uomo
Non c’è dubbio che il campione vero possiede sia doti tecniche e atletiche, sia qualità psicologiche e morali. Per le prime, Paolo doveva ringraziare solo Madre Natura per quelle doti che gli aveva dato e che migliorarono sotto le meticolose cure del professor Bartolo Nizza. Per le seconde, hanno influito favorevolmente Romolo Parodi, Friz Denerlain, Sandro Campagna e un fattore ambientale, a Siracusa, sotto molteplici aspetti forse irripetibile. Anche per questo, ci piace ricordarlo, Paolo non si staccò mai dal suo club, anche nei momenti di maggiore difficoltà e crisi tecnica, assumendo su di sè, da vero capitano, l’onere di guidare la squadra, in acqua e nello spogliatoio con immensa riconoscenza da parte di Concetto Lo Bello.
Ma soprattutto, Paolo non si staccò mai dai suoi amici, ché tanti ne aveva e tanti se ne creava, grazie ai suoi modi cordiali, al suo carattere gioviale, alla sua risata coinvolgente. Nella stessa piscina avversaria, dove l’anno prima era apparso uno striscione con su scritto “Forza Etna, distruggili tutti”, dopo la scomparsa di Paolo ne leggemmo un altro, che recitava: “Paolo Caldarella, senza di te muore una parte del nostro sorriso”.
A noi che siamo stati i suoi amici, sin dall’infanzia; che lo abbiamo deriso con la perfidia degli adolescenti, nei confronti del compagno più timido; che lo abbiamo accompagnato con affetto nella sua scalata al successo, sino al titolo olimpico, tanto da condividerne la gioia; noi che lo abbiamo consigliato; che ne abbiamo conosciuto i drammi familiari; che lo abbiamo amato per la sua generosità; a noi piace pensare che i riconoscimenti alla sua memoria, come la dedica della nostra piscina delle Rose e della via sulla quale si affaccia la Cittadella dello Sport, non vadano al valore tecnico dell’atleta, ma alle qualità morali dell’Uomo. Per il Circolo Canottieri Ortigia, l’impegno è categorico: a tutte le mamme che portano i loro bambini alla scuola nuoto, come tanti anni fa fece la mamma Fulvia, si deve promettere di farne dei nuovi Paolo Caldarella, nello sport ma soprattutto nella vita.
Vorremmo parlare di Paolo senza malinconia e senza retorica. Vorremmo ricordarlo per la sua spensieratezza, nonostante la vita lo avesse messo presto a dura prova per la prematura scomparsa della madre e per la grave malattia del padre. Vorremmo ricordarlo per la gioia di vivere che lo caratterizzava e che sapeva infondere a tutti, anche ai più sfortunati, tanto da spingerlo a recarsi spesso a far visita ad una comunità di tossicodipendenti, per dar loro forza e coraggio, qualità che a lui non mancavano di certo. Ma ci accorgiamo che sono proprio queste le sue qualità che ci mancano di più.
Siamo orgogliosi di aver condiviso insieme a Paolo le fasi più importanti della nostra crescita, di aver partecipato sia agli eventi positivi che a quelli più drammatici, insieme a Maurizio Mancuso, a cui Paolo era legato da un affetto che va al di là della più ferrea amicizia, di aver vissuto con intensità questi “suoi” magnifici 29 anni.